Ho sempre pensato che noi operatori del mondo delle Risorse Umane dobbiamo a noi stessi e a tutti gli individui con cui ci relazioniamo quotidianamente rispetto, riconoscenza e la certezza di muoverci e agire all’interno di un insieme di teorie, modelli e presupposti adatti al contesto e all’epoca in cui viviamo. Si tratta di etica e professionalità.

Il rischio che termini come “Talent Acquisition” e “Talent Management”, così come applicati dalle HR nelle aziende moderne, trascinino con sé il peso insostenibile dei retaggi di un modello oramai superato è elevato. Direi quasi una certezza.

Il concetto di talento descritto e rappresentato da Handfield, Axelrod, e Michaels in “The War for Talent” (2001), che ha ridefinito l’impostazione di molti Dipartimenti di Risorse Umane del nuovo millennio, si rivela essere oggi spesso inadeguato a rappresentare il contesto contemporaneo del mondo del lavoro e non è più funzionale rispetto alle sfide quotidiane cui è chiamato a rispondere l’imprenditore e l’Azienda. Quest’impalcatura teorica intrisa di concetti legati ad “esseri fuori dalla norma” con capacità e abilità quasi sovrannaturali, degli “eletti” in grado di condurre verso il successo poche aziende illuminate è quanto mai anacronistica e fuori luogo. Pensarci oggi è quasi grottesco.

Il mito del Talento nelle Risorse Umane si è diffuso da allora in maniera così intensa e pervasiva che ancora oggi molti di noi faticano a liberarsi da un fardello che a mio parere assolve spesso alla necessità di farci sentire in confidenza con i modelli, i processi e le procedure HR che applichiamo quasi come automi in Azienda.

Le cose stanno rapidamente cambiando ed è di cruciale importanza che chi si occupa di Risorse Umane se ne accorga ed evolva in modo da conservare e rinforzare il ruolo di sostegno, guida e alleanza strategica che rappresenta per il Business, l’Imprenditore e, più in generale, per la Governance Aziendale.

Cosa sta cambiando

1. People, not Talent

Fatti ed esperienze reali ci dimostrano ogni giorno che precedenti accademici eccellenti, valori del QI sopra la media, capacità di ragionamento fuori dalla norma o ambizione di crescita professionale molto marcata, non sono necessariamente predittivi di un inserimento di successo e/o di una performance eccellente. Molto più spesso i fattori decisivi sono altri.

Chiunque abbia gestito un processo di ricerca e selezione sa che i fattori critici di successo legati all’inserimento di una nuova persona non risiedono solo nelle sue competenze tecniche, che comunque sono fondamentali. Esiste una gran quantità di aspetti intangibili che gioca un ruolo rilevante e che ha a che fare con le caratteristiche personali del candidato, i suoi comportamenti, il suo modo di pensare, i suoi valori, i suoi obiettivi, le sue aspettative e, in ultima analisi, alla corrispondenza tra questo set di caratteristiche intangibili e quello peculiare dell’Azienda che necessita del nuovo inserimento.

Idealmente cerchiamo il “connubio perfetto” tra caratteristiche, predisposizioni naturali, valori e aspettative di un essere umano e caratteristiche, predisposizioni, valori e aspettative dell’Azienda e del ruolo da ricoprire.

Non stiamo quindi cercando un talento, stiamo cercando una persona.

2. Millennials Generation

Entro il 2020 oltre un terzo dei lavoratori nel mondo apparterrà alla generazione dei Millennials e si stima che per il 2025 questo indicatore aumenterà fino a circa due terzi della totale forza lavoro del pianeta.

Questi dati impongono una riflessione sulla capacità delle nostre aziende di attrarre, formare, far crescere e ingaggiare le persone che fanno parte di questa generazione e di quelle che verranno, una riflessione che vada al di là di credenze e falsi miti su questa fascia della popolazione.

Contrariamente a quanto generalmente diffuso, analisi e studi statistici dimostrano che le differenze generazionali tra Baby Boomers, Generazione X e Millennials non hanno prodotto e non producono alcuna differenza relativamente al livello di soddisfazione al lavoro, l’impegno, l’ingaggio o la tendenza a cambiare frequentemente lavoro da parte degli appartenenti alle differenti categorie generazionali (Journal of Business & Psychology – 2012 – Costanza & Coll. – Meta-analysis on 20.000 workers).

Tutte le ricerche concordano invece su quanto sia fondamentale per le nuove generazioni un ambiente di lavoro:

  • flessibile, con opportunità di cambiamento;
  • che offra possibilità di crescita e sviluppo;
  • in cui il feedback sia “real time” e abbia forma di coaching quotidiano;
  • in cui wellbeing, welfare e work-life balance non siano solo etichette vuote e prive di contenuto.

In sintesi, un’offerta di lavoro trasparente che trasmetta informazioni chiare circa i valori, le intenzioni, i programmi di crescita, i progetti di carriera, le opportunità di sviluppo e il clima interno.

Dovremmo cambiare la prospettiva che ha sempre visto l’opportunità di lavoro come un dono prezioso da concedere ai candidati e impegnarci nel ristrutturare l’offerta fornendo ai candidati un’”irresistibile ragione per salire a bordo e per restare”.

Quali conclusioni?

Noi HR siamo chiamati oggi ad una missione nuova e diversa dal passato.

Dobbiamo affinare e perfezionare le nostre capacità di analisi e di HR profiling perché siamo incaricati di portare a bordo delle Aziende persone “speciali” in ragione del match straordinario tra le loro caratteristiche tecniche e intangibili e quelle delle Aziende che supportiamo.

Dobbiamo fare in modo che l’Azienda strutturi un ambiente di lavoro che genera una “People Experience”: una reazione emotiva intensa verso l’Azienda stessa e verso l’offerta che essa rappresenta per chiunque vi entri in contatto (sia esso un dipendente, un candidato, un fornitore, un cliente o un qualsiasi stakeholder). In particolare, dovremo dare il nostro supporto affinché chi vive in Azienda e chi stia pensando di entrare a farne parte viva un’esperienza che rispecchi le sue aspettative, sui suoi progetti personali, sui suoi sogni e sui suoi valori.

Stiamo parlando di un’impostazione evoluta delle HR, che trascende i concetti di Talent Acquisition e di Talent Management, verso un nuovo paradigma: le Risorse Umane come una sorta di “Architetti Ambientali” che partecipano attivamente alla ristrutturazione ambientale delle Aziende.

Siamo chiamati a sviluppare e affinare abilità e competenze che hanno a che fare con la nostra esperienza personale, la storia individuale, l’intelligenza emotiva, l’empatia, la sensibilità, la comunicazione, la capacità di valutazione, l’assertività, la visione sistemica e la capacità di ragionare “out of the box”.

Meravigliose capacità umane che nessuna Intelligenza Artificiale potrà mai possedere.