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Le ultime dichiarazioni di Elon Musk sullo smart working hanno riacceso la miccia del ritorno al lavoro in presenza, dimostrando che questo tema è ancora caldo e tutt’altro che archiviato.

Riavvolgiamo il nastro: lo scorso 31 maggio, l’imprenditore sudafricano ha comunicato ai propri dipendenti di Tesla che sarebbero dovuti tornare a lavorare in presenza per almeno 40 ore a settimana, pena il licenziamento. Il clamore mediatico che ne è seguito ci ha ricordato quanto ancora sia importante parlare di smart working e quanto questa modalità di lavoro sia rilevante per persone e organizzazioni nel mondo del lavoro post-pandemia.

The “Great Re-entry”

Negli Stati Uniti di inizio 2022, il fenomeno del rientro al lavoro in presenza è più vivo che mai, al punto che per descriverlo è stato coniato il termine “Great Re-entry”.

Aziende come Apple, Twitter, Google hanno infatti già implementato importanti piani di rientro per i loro lavoratori e, in generale, a marzo 2022 solo il 10% dei lavoratori stava operando in remoto, mentre nello stesso periodo del 2021 era il 22%. La “Great Re-entry”, è dunque un fenomeno che coinvolge moltissime persone e dalle molte sfaccettature: prende infatti la forma del lavoro ibrido con una quota sempre minore di smart working fino a passare al lavoro esclusivamente in sede.

E la situazione italiana?

Nel nostro Paese, 8 organizzazioni su 10 hanno almeno un dipendente che lavora da casa, per un numero di dipendenti coinvolti pari al 22% del totale nel primo trimestre del 2022. Numeri, questi, che testimoniano quanto diffuso sia lo smart working nelle nostre organizzazioni e quanto impellente sia l’esigenza di gestire correttamente il ritorno in ufficio.

Great Re-entry, Great Resignation e un’esigenza comune: il benessere delle persone

Oltre alla Great Re-entry, un altro fenomeno altrettanto pervasivo ha interessato un notevole numero di lavoratori in tutto il mondo nel corso degli ultimi mesi: stiamo parlando della Great Resignation, ovvero una mole senza precedenti di dimissioni spontanee. Traduciamo: lo scorso anno, quasi “di punto in bianco”, milioni di persone dagli Stati Uniti alla Cina hanno deciso di dimettersi senza avere precisi obiettivi di carriera o direzioni predeterminate, alla ricerca di un nuovo work-life balance più attento al benessere della persona e di un lavoro ricco di senso e significato.

Emerge un fil rouge che collega Great Re-entry e Great Resignation: un rinnovato bisogno di benessere nella sfera professionale della persona.

Per le organizzazioni, tutto ciò significa che ora più che mai serve progettare “esperienze” lavorative, prestando particolare attenzione ai nuovi driver della motivazione di un dipendente, cosicché il ritorno in ufficio si traduca in un’esperienza serena e coinvolgente.

MIT Sloan Management Review elenca quattro principali elementi di demotivazione per un lavoratore:

  1. Cultura aziendale “tossica”
  2. Insicurezza lavorativa e riorganizzazione
  3. Livelli eccessivi di innovazione
  4. Incapacità nel valutare e riconoscere le performance da parte del datore di lavoro

Mantenere (e attrarre) i talenti in tempi di Great Re-entry

Le persone oggi sono quindi più motivate dal senso profondo del proprio lavoro, elemento che si ritrova nella mission aziendale e nell’etica del datore di lavoro, e che genera un engagement profondo. La sfida della retention deve partire da qui. Quello che viene richiesto oggi ad aziende e imprenditori è un impegno particolare, l’impegno dell’ascolto, dell’individuazione di uno scopo etico del business e di una leadership aziendale equa.

In un simile contesto, diventa fondamentale per le organizzazioni dotarsi di strumenti adeguati per entrare in contatto con le proprie persone e per riuscire a intercettarne le sensazioni, le emozioni e le idee. Strumenti come le survey possono essere l’arma vincente per avere degli insight su cosa pensano le persone, su quale cultura stiamo diffondendo nella nostra organizzazione e su quanto la nostra azienda conferisca senso e valore al lavoro che i dipendenti svolgono.

Al centro del business

Non possiamo sapere se in futuro gli insegnamenti di questo post-pandemia rimarranno al centro del nostro orientamento o verranno dimenticati. Ciò che possiamo sapere è che oggi le persone attorno a noi chiedono qualcosa di più, di rendere il lavoro una dimensione di vita che arricchisce, non solo economicamente.