Il principio del rinforzo teorizzato da Skinner (1957) è ancor oggi alla base dei sistemi di incentivazione di moltissime aziende in tutto il mondo. Questi sistemi si fondano infatti su un’assunzione allo stesso tempo semplice e potentissima: un comportamento seguito da una ricompensa ha una probabilità maggiore di essere ripetuto in futuro.

Generalmente, questo funziona molto bene, soprattutto quando il compito in questione è tendenzialmente ripetitivo e richiede di seguire indicazioni precise per arrivare ad una destinazione chiara.

Ma il lavoro oggi è cambiato: richiede sempre più spesso complesse competenze come il problem solving e il pensiero analitico e creativo, ed è qui che la teoria del rinforzo di Skinner entra in crisi e mostra i propri limiti.

Negli anni sono stati svolti diversi studi ed esperimenti nel campo della psicologia e della behavioral economics (Ryan e Deci, 1985) che hanno portato all’identificazione della motivazione intrinseca, non legata a fattori esterni, come vero elemento decisivo nel grande quadro della comprensione di quali comportamenti agiamo e quali siamo portati a ripetere e perché. Non solo, tali studi hanno dimostrato anche che  in certi casi la presenza di un incentivo economico genera un impatto negativo sulla motivazione e sulla performance.

Il modello di Daniel Pink offre una lettura che supera i principi di Skinner e porta un nuovo punto di vista nel campo dell’incentivazione e del rewarding per le organizzazioni. Pink identifica tre elementi principali alla base della motivazione in ambito lavorativo: autonomia, ambizione e scopo.

Autonomia

Ogni persona ha un modo unico di essere, di pensare e di lavorare. Nonostante questa diversità rappresenti un immenso valore su cui fare leva, raramente viene lasciata alle persone l’autonomia di decidere come svolgere un determinato lavoro.

Secondo un sondaggio condotto da Linkedin Learning sui comportamenti più frustranti che un manager possa avere, il micromanagement (ovvero la tendenza di controllare in modo eccessivo il proprio collaboratore) si trova al secondo posto.

Per generare motivazione, e di conseguenza anche senso di responsabilità, occorre innanzitutto fidarsi delle persone e credere nelle loro abilità, dando loro spazio per determinare la modalità, spazi e tempistiche per raggiungere l’obiettivo.

Zappos, azienda di scarpe americana, ha reso l’autonomia decisionale un elemento fondamentale della propria organizzazione. Il sistema di self-management, chiamato ”olocrazia”, vede i “lead-links” (la figura più vicina al “manager”) assegnare ruoli ai dipendenti e fornirgli supporto là dove è necessario. Le persone hanno quindi completa autonomia nella gestione del lavoro.

Ambizione

Il secondo driver è l’ambizione, ovvero il desiderio di crescere e di sentire che stiamo migliorando in qualcosa che per noi ha significato. Il tempo è la nostra risorsa più preziosa, e la consapevolezza di investirlo nella nostra crescita genera in noi un senso di orgoglio, da un senso al tempo stesso. A tal proposito esistono veri e propri framework motivazionali capaci di indurre cambiamenti nella persona e nel proprio gruppo di riferimento.

È importante accompagnare la persona in un percorso di identificazione dei propri obiettivi professionali e calibrare il ruolo, e quindi le mansioni, in base alle sue capacità. Se le attività sono troppo facili, la persona si annoierà e la sua motivazione calerà. Idem se saranno troppo difficili.

In MAN Truck & Bus Italia, le persone hanno l’opportunità di sviluppare le proprie competenze all’interno dell’Academy aziendale. Inoltre, la struttura formativa alimenta ulteriormente l’ambizione attraverso l’offerta di percorsi formativi ad hoc volti a preparare coloro che ambiscono a diventare docenti dell’Academy stessa. In questo senso è possibile diventare un punto di riferimento per i propri colleghi rispetto a un argomento specifico.

Scopo

Secondo Pink, le persone che collegano il loro lavoro a uno scopo più grande raggiungono il più alto grado di motivazione. “Le persone saranno ispirate a raggiungere obiettivi e affrontare sfide impossibili” scrive Elizabeth Moss Kanter, professoressa alla Harvard Business School, “se hanno a cuore il risultato”.

Un esempio di come l’azienda può creare questo senso di “scopo” lo troviamo in Patagonia, brand di abbigliamento e attrezzature sportive. La ricerca e selezione di persone che amano lo sport all’aperto e hanno a cuore la tutela dell’ambiente ha creato una cultura aziendale di per sé molto allineata allo scopo. Inoltre, esiste da sempre la politica denominata “let my people go surfing time”, grazie a cui i dipendenti sono liberi di uscire dall’ufficio per svolgere attività all’aria aperta quando le condizioni metereologiche lo permettono. Questa libertà, unita al fatto che le persone vengono incoraggiate a testare regolarmente i capi di abbigliamento genera un importante e profondo legame con lo scopo dell’azienda.

Il cambiamento culturale

Se vogliamo realmente motivare le persone che lavorano con noi, è necessario spingerci oltre gli incentivi economici. Il modello di Daniel Pink – che vede l’autonomia, l’ambizione e lo scopo come elementi centrali della motivazione –  rappresenta un possibile approccio, un invito a riflettere e agire sulla nostra struttura e cultura organizzativa. Siamo chiamati a ripensare i ruoli delle persone, le dinamiche manageriali e le modalità di comunicazione. Certo, si tratta sicuramente di un cambiamento culturale impegnativo, ma grazie a questo approccio potremo far fiorire la motivazione intrinseca e far fare alla nostra organizzazione il vero salto di qualità.

BIBLIOGRAFIA

Deci, Edward L., and Richard M. Ryan. “Conceptualizations of intrinsic motivation and self-determination.” Intrinsic motivation and self-determination in human behavior. Springer, Boston, MA, 1985. 11-40.

Ferster, Charles B., and Burrhus Frederic Skinner. “Schedules of reinforcement.” (1957).